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8 MARZO-FESTA DELLA DONNA

NON E’ UN PAESE PER DONNE
– ci hanno concesso l’anima ma non ancora il corpo-

Dell’anima che non si vede, possiamo farne quello che vogliamo: venderla al diavolo o involarla al cielo; del corpo invece no.
L’esercizio della nostra volontà su di esso, perlomeno su quell’organo dal quale tutt* siamo transitati per venire al mondo, si vorrebbe ancora a noi preclusa e condizionata ai voleri altrui.
Considerandolo nella sua interezza, il corpo che la nostra civiltà ci ha costruito intorno è
un corpo da vedere, nei calendari, nelle tivù, nelle reclames, nella rete; su tutti quei mezzi davanti ai quali sbava il pubblico maschile ma che continua anche ad inquadrare, in un compendio di pesi e misure, il modello al quale ci dovremmo uniformare; è poi un corpo da vendere, per il mercato maschile del sesso che si avvale ancora della modalità schiavitù; un gran rendimento. Un gran rendimento anche per quel corpo da svendere nel mercato del lavoro che non può avvalersi della schiavitù ma va altrettanto bene con la flessibilità madre del precariato, matrice di sfruttamento e morti .
Poi viene il
corpo da violare, violentare o uccidere, come molti uomini in famiglia e fuori pensano che si debba fare. E un corpo da consumare nel mare magnum del consumismo che, almeno in questo caso, applica la par condicio: macina tutti; donne e uomini. Un esempio da calare su questa giornata dell’8 marzo, da molti anni ormai aggiunta alla lista delle feste da consumismo idiota, è "la festa per donne più grande della regione": "8 macho" organizzata alla Fiera di Udine.
Non a caso la rete delle donne che si sta ritessendo dopo la manifestazione contro la violenza di novembre a Roma, ha scritto:
Tra la festa, il rito il silenzio noi scegliamo la lotta.
Ce n’è bisogno.
Quando i pastori di anime si fanno sempre più normatori di corpi;
quando le mani sull’utero valgono il voto dell’urna;
il corpo delle donne è un campo di battaglia e la vittima predestinata è la nostra autodeterminazione.
E non saremmo qui se di questo non fossimo veramente stufe!
Sono anni che papi, preti e politici affiliati, insidiano sui diritti del concepito. Sono riusciti a formalizzarli nell’orrenda legge 40 sulla procreazione assistita e, continuando a dirci che lo zigote o l’embrione ha valore assoluto, che trascende il corpo dal quale discende; trattano le donne che scelgono l’aborto da criminali e assassine e, nella malcelata volontà di impedirlo o comunque condizionarlo, hanno incastonato l’articolo sull’obiezione di coscienza nel cuore della 194.
Bene hanno fatto le donne di Milano del collettivo Mai stat@ zitt@ a lanciare la campagna "
Obiettiamo gli obiettori". Fuori i nomi; che si sappiano; -se li conosci li eviti- che le donne possano evitare di chiedere prestazioni sanitarie a chi privilegia lo sviluppo del concepito, entità biologica in divenire, alla loro salute di persone fatte, coscienti e senzienti.
L’obiezione di coscienza è un principio corretto ma in questo caso applicato in modo palesemente
strumentale e vigliacco.
Come qualche giorno fa ha detto il dott. Flamigni del comitato di bioetica (Il Manifesto, 26 febbraio 08), ma come prima e meglio di lui scriveva l’udinese Laura Conti ("Il tormento e lo scudo" Milano, Mazzotta 1981): "…non si vede perché un obiettore di coscienza di fronte all’aborto debba godere di privilegi che al testimone di Geova vengono negati. Non si vede perché il diritto del testimone di Geova a non praticare trasfusioni debba essere garantito senza compromettere il diritto del ferito a ricevere le cure delle quali ha bisogno, mentre il diritto di un altro a non praticare aborti debba essere garantito anche a scapito del diritto delle donne ad abortire."
Qualcuno ha detto che
se la gravidanza fosse faccenda di uomini, l’aborto si farebbe dal barbiere.
In quel caso potremmo immaginare un buon taglio di rasoio alle grandi filosofie morali che ancora oggi invece inchiodano le donne al ruolo di fattrici obbedienti, di imballaggio a perdere rispetto alla intangibile sacralità del prodotto.
Le donne invece, che nel bene e nel male
hanno messo al mondo e cresciuto l’umanità, che pure, a diverse latitudini con le sue leggi e le sue morali le esclude, non hanno bisogno di grandi filosofie per rivendicare l’autodeterminazione, ovvero la possibilità di decidere per sé. Che cosa c’è di strano? Sul mio corpo, sia fatta la volontà MIA! non sua. Sua: di Dio, del Padre, dell’Uomo e delle SUE leggi.
Lasciamo l’umiliante "8 macho" a chi calcola gli introiti della vendita delle mimose; facciamone un giorno di denuncia e di lotta perché questo ancora non è un paese per donne e non lo sarà fino a che, tanto per cominciare, non si riconoscerà una cosa elementare cioè che "l’utero è di chi ce l’ha", come stava ironicamente, -ma non a caso-, scritto sul cappello cardinalizio di un manifestante No Vat che sta per No Vaticano, appunto. Ferrara non ce l’ha… neanche piccolo.

Con la Rete delle Donne per l’autodeterminazione Sabato 8 marzo in Piazza Matteotti-Udine dalle 16,30 in poi
Dumbles – feminis furlanis libertaris – www.ecologiasociale.org vedi alla voce ecofemminismo

 

Posted in Ecofemminismo, Iniziative.